Rassegna stampa: tra Bbc, Domenicali, Qatar, gruppo Volkswagen in arrivo e sponsor Ferrari in fuga

La prima volta della Formula 1 in Qatar letta dai media inglesi (via www.loslalom.it). Nuovi arrivi in Formula 1 (Audi? Porsche?) ormai ci siamo anche se piovono smentite dalla Germania. ecco la rassegna del giovedì…

Stefano Domenicali ha portato la Formula 1 dentro uno scenario da diplomazia internazionale. Al comando di Liberty Media è adesso la faccia dell’apertura più spinta dello sport mondiale al Qatar e all’Arabia Saudita. Non è solo Realpolitik alla Bismarck, come quella della Fifa o della boxe, ma perfino qualcosa di più. Un mese fa si proponeva con un’intervista al Guardian come portavoce del superamento dell’isolazionismo e di un approccio basato sul boicottaggio. «Quello che diceva Mandela – sono state le sue parole – è comprensibile, ma siamo in un’altra era». Alla vigilia del primo rombo di un motore d’auto sulla pista di Losail, in una nuova intervista esclusiva alla BBC ha rivendicato la necessità di una presenza della Formula 1 nei paesi del Golfo Persico più accusati di violazione dei diritti umani. 

«Giocheremo un ruolo importante in questo senso. Un cambiamento così importante non può avvenire dall’oggi al domani. È una rivoluzione culturale che richiederà tempo», ha detto aggiungendo la bandierina della Formula 1 sulla stessa mappa dove si è sistemata l’acquisizione del Newcastle da parte del fondo sovrano saudita e dove troveremo tra 12 mesi i Mondiali di calcio. Sportwashing. L’uso di un grande evento per ripulirsi l’immagine. Alla BBC Domenicali ha ribadito che i contratti della F1 con Qatar e Arabia Saudita contengono prescrizioni che i paesi devono rispettare, pena la rescissione. 

«Se guardiamo in modo pragmatico a quello che stanno facendo, stanno osservando i regolamenti. Hanno donne in posizioni di rilievo dell’organizzazione. Credo che i riflettori accesi siano utili al cambiamento. Non credo che chiudere a questi paesi aiuti a migliorare la situazione, penso sia il contrario. Non significa che tutto sia perfetto, ma sono sicuro che quanto facciamo manda la storia nella giusta direzione».  

La posizione di Amnesty International è diversa. «I paesi ricchi del Medio Oriente considerano lo sport d’élite un mezzo per togliere le pulci alla loro immagine e i Gran Premi in Qatar e Arabia Saudita si adattano bene a questo modello. Entrambi i paesi hanno precedenti preoccupanti sui diritti umani: dal sistematico maltrattamento dei lavoratori migranti, ai draconiani limiti alla libertà di parola, al famigerato omicidio del giornalista Jamal Khashoggi. Il glamour e il razzmatazz della F1 sono usati per cercare di distogliere l’attenzione del mondo dagli abusi e cancellare ogni discussione sui diritti umani, una cosa che non deve accadere».

Le voci che arrivano dagli organizzatori del Qatar e della Arabia Saudita si accordano a quella di Domenicali. «Ospitare questo evento significa sfruttare il potere della F1 per responsabilizzare tutti gli uomini e le donne, per promuovere ulteriori progressi, per sbloccare il potenziale di tutte le nostre persone. La partnership con la Formula 1 supporterà la diversificazione economica, incoraggerà la partecipazione e fungerà da catalizzatore per accelerare sulle riforme. Il Qatar ha approfittato dei riflettori che vengono dagli eventi sportivi internazionali per apportare cambiamenti positivi e duraturi». 

La BBC si domanda se le affermazioni sulla sostenibilità della F1 siano poi autentiche. 

La F1 si è posta l’obiettivo di azzerare le emissioni di carbonio entro il 2030 e uno dei modi in cui prevede di farlo è inserire i combustibili sostenibili nella nuova formula del motore da introdurre nel 2026. La compagnia petrolifera nazionale dell’Arabia Saudita Aramco sta lavorando con lo sport per sviluppare questi combustibili a emissioni zero.

Il governo saudita è stato però accusato da gruppi ambientalisti di lavorare contro l’impegno per una eliminazione graduale dei combustibili fossili al recente vertice ambientale COP 26.

Domenicali dà ai sauditi una patente di credibilità e dice: «Non pensiamo come sport/business che la piena elettrificazione sia l’unica risposta alla sostenibilità. Crediamo che il carburante sostenibile sia la strada giusta».

Secondo la BBC il contratto del Qatar con la F1 è il più redditizio che lo sport abbia mai firmato, e anche l’Arabia Saudita sta pagando una delle tasse più alte per la sua gara.

Domenicali ha anche negato che la F1 avesse bisogno di questi accordi a causa delle perdite finanziarie subite durante il 2020. «Senza grandi investimenti non si può sviluppare un business. Questa è una cosa che a volte dimentichiamo: gli investimenti che alcuni paesi fanno nella nostra attività saranno vantaggiosi per tutte le altre persone e per tutti gli altri paesi».

In un editoriale sul Giornale di stamattina, Elia Pagnoni si domanda: E le violazioni? E le aspirazioni delle donne saudite? Già, in Arabia da qualche tempo permettono persino alle donne di guidare l’automobile, anche se non possono aprire un conto in banca… Dunque, altro che petrodollari, la F1 va in missione umanitaria. Prepariamoci a vederla sbarcare in Birmania, in Afghanistan e in Corea del Nord”.

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umberto zapelloni

Nel 1984 entro a il Giornale di Montanelli dove dal 1988 mi occupo essenzalmente di motori. Nel gennaio 2001 sono passato al Corriere della Sera dove poi sono diventato responsabile dello Sport e dei motori. Dal marzo 2006 all'aprile 2018 sono stato vicedirettore de La Gazzetta dello Sport

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